Nei ritratti di Roberto da Cevraia sembra che un percorso confuso e tormentato, fatto di segni forti e colori accesi, culmini nell’attenta e fedele definizione della fisionomia. Il risultato dà la sensazione di qualcosa di sospeso, di non finito, in bilico tra il mondo reale delle immagini e quello astratto delle emozioni.
L’artista restituisce delle persone, oltre i tratti somatici e l’espressione, l’impatto emotivo che esse provocano nell’autore sotto forma di sfondo che non è sfondo, di ambientazione che non è ambientazione: sono immagini astratte che fungono da complementi emozionali al ritratto.
“Figure immote” di Roberto da Cevraia
La caratteristica immediatamente percepibile nelle opere di Roberto da Cevraia è la staticità.
Affascinato fin dalla giovane età dai mosaici ravennati, sceglie quei soggetti caratterizzati da un fitto accostamento frontale di persone i cui abiti rappresentano il loro ruolo: così i matrimoni, le processioni religiose, i guerrieri.
Come nelle rappresentazioni bizantine le figure sono “incassate” in uno spazio esiguo e privo di profondità.
Ogni personaggio è immobile, rappresenta se stesso, o meglio il ruolo che gli spetta
nell’insieme compositivo, senza ribellarsi o partecipare emotivamente. La loro immobilità non è inerzia, ma fierezza; l’assenza di volume non le rende piatte, ma dignitose come emblemi. L’espressività dei volti è priva di una qualsiasi valenza nel contesto dell’opera, tanto che l’artista arriva al punto di eliminarla completamente coprendola con un elmo nella serie dei guerrieri, in cui le premesse sono portate alle estreme conseguenze. La teoria dei guerrieri è in realtà una fila di armature forse vuote, figure disumanizzate, personaggi di una storia lontana che ora, privati di ogni motivazione ad esistere, sono come marionette messe da parte, appese ad una parete, la cui inutilità diventa ancora più sconsolante in rapporto alla dignità che nonostante tutto mantengono, nella loro illusione di poter, un giorno, ritornare a combattere.
Anche le grandi figure di donna, che fanno parte dell’ultima produzione artistica di Roberto da Cevraia, sono figure immobili, ma perchè i loro movimenti sono bloccati dai limiti del quadro. In uno spazio vitale così angusto queste donne non possono far altro che mostrare passivamente la loro bellezza: ora morbida, sensuale e avvolgente, ottenuta per mezzo di stesure piatte di colori teneri, ora aggressiva e provocante , ottenuta attraverso pennellate veloci di colori accesi. Sono figure imponenti proprio perchè occupano tutto lo spazio a loro disposizione, spazio in cui lo spettatore non può entrare: egli è quasi respinto da queste donne che, come dee, permettono soltanto di farsi contemplare.