Nella serie dei “riflessi” Patrizia D’Amico propone un mondo fantastico ed enigmatico.
Gli elementi semplici, che l’artista trae dalla vita quotidiana e dal suo lavoro, si elevano a nobili simboli di un inconscio malinconico che sceglie questa via per comunicare. Chiodi e attaccaglie perdono la loro originaria funzione per diventare guglie di campanili e facciate di chiese.
I riflessi sull’acqua non riproducono l’aspetto esteriore di persone ed oggetti, ma il loro recondito significato, come l’acqua fosse un mezzo per rivelare verità eluse.
Alcuni elementi ricorrono spesso, quali coppie di ali e teste femminili di pietra dalla gola perforata da tunnel. Ad ognuno di noi é data la libertà di interpretarli. Chissà? Sono forse desideri di fuga le ali e freni alla libertà di esprimere i più profondi impulsi i tunnel?
Nella serie degli “strappi” l’artista ha inventato un nuovo mezzo per esprimersi. Anche qui si serve di uno strumento del suo lavoro, cartone bicolore, che diventa supporto e materia dell’opera stessa.
E’ una tecnica che presuppone un atto di violenza dettato da una profonda ribellione: da strappi e graffi scaturiscono uccelli dal volo inquieto, alberi da cui penzolano brandelli di carta come foglie e scorci di città dove, al di là del nitido effetto grafico, si avverte tutta l’angustia di un luogo deserto ed ostile.