Nella lettura delle opere di Adriano Velussi ho individuato tre cicli.
Un gruppo di opere rappresenta la vita al suo inizio: l’inizio dell’universo, un insieme denso e compatto ma pulsante e pronto ad esplodere; la terra in formazione, instabile e magmatica, in cui gli elementi cercano caoticamente il loro spazio; uova od ovuli dai contorni nitidi, al cui interno forme geometriche ed in equilibrio tra loro rimandano alle perfette regole chimiche e genetiche che sovrintendono lo sviluppo della vita; gruppetti di organismi unicellulari, come fossili antichissimi o spermatozoi; uteri in cui s’intravedono embrioni che si divincolano nel liquido tra intrichi di vene e mucose.
Lo spazio vuoto intorno a questi punti d’origine vitale non a caso è realizzato col blu o con l’oro: il blu è da sempre considerato il colore dello spazio, dell’infinito (si pensi alla “danza” di Matisse) e l’oro (considerato un non-colore) era usato dai mosaicisti medievali per realizzare gli spazi celesti, metafisici, in cui erano inserite figure sacre.
Intorno a questi nuclei, per esaltarne l’energia vitale, è dipinto un alone di luce intensa.
Sono opere violente, a volte inquietanti per il forte cromatismo, a volte stridente, e per i fitti rilievi agitati che s’insinuano furiosamente gli uni negli altri. La vita è un miracolo, ma un miracolo che si raggiunge e si perpetua nella sofferenza, nel conflitto, nella logorante ricerca dell’equilibrio. La seconda fase tratta dell’uomo: l’uomo appena nato, ancora semi-ranicchiato con arti e cordone ombelicale che pencolano come tentacoli in uno spazio ancora una volta vuoto. I quadri che hanno per soggetto la fase adulta dell’uomo ci propongono figure dilaniate da conflitti esterni ed interni o pietrificate per sottrarsi ai mali del mondo.
La terza fase tratta gli insiemi: gli insiemi di uomini, gli insiemi di cose, gli insiemi di uomini e cose. Anche in queste opere domina il caos: lotta per la sopravvivenza, conflitti trai uomini, tra gli uomini e la natura. Ma il tutto, come nei quadri del primo ciclo, è orchestrato in modo tale che ne percepiamo una sensazione di ordine data dall’equilibrio di forme e di colori e dalla compattezza conclusa e simmetrica dell’insieme: nulla succede per caso. Si ritorna quindi alla fase iniziale, del caos che origina la vita, e non posso fare a meno di citare una frase di Leonardo da Vinci che bene si adatta all’opera del nostro artista: “Il mondo vive per violenza e muore per libertà”.