L’ALCHIMISTA DELL’ARTE
La ceramica è la più arcaica delle tecniche artistiche, scoperta ed adottata dagli uomini preistorici per plasmare i loro dei e contenere e conservare i loro cibi, il bene più prezioso. Una tecnica tanto antica che nell’era dell’informatica e dell’arte digitale dovrebbe essere considerata superata e non avere più segreti. Eppure non è così: la ceramica, in particolare quella raku, affascina ancora e, soprattutto, in essa c’è ancora tanto da scoprire. Il plasmare, il colorare e il cuocere sono soggetti a migliaia di combinazioni e di varianti. Ed è qui che Ledda dà il meglio di sé. Più che agli oggetti l’artista è interessato alla tecnica, alla metodologia adottata. Il suo laboratorio è più simili ad un’antica bottega alchemica, con file sterminate di barattolini in vetro con pigmenti brillanti o terrosi, con prove di colore su pezzi di ceramica con annotazioni sui materiali usati e sui tempi di cottura, con attrezzi di tutti i tipi abbarbicati alle pareti o gelosamente custoditi in astucci in cuoio a rotolo dal sapore antico. E poi blocchi di terre (argilla rossa, bianca, semirefrattaria…), pezzi di vetro smussati dal mare, simili a pietre preziose, da far sciogliere in cottura sopra un vaso, legandoli indelebilmente in un matrimonio chimico e artistico a 1000°. Ma anche cocci e resti di molti lavori, che non vanno buttati perché Ivano sa, come ogni saggio maestro, che ogni successo passa da innumerevoli, preziose sconfitte, che ad ogni mirabile anfora dal perfetto equilibrio di campiture turchesi e carezze di rame, corrispondono anfore esplose, annerite, deformate. Sembra che l’artista voglia tener memoria, quasi per un sacrale rispetto, di ogni suo prodotto. E li mostra così i suoi lavori, orgoglioso come un padre lo è dei figli, passandoli da una mano all’altra, accarezzandoli, soffiando via con delicatezza qualche pagliuzza o velo di polvere di terracotta carteggiata. E non puoi che essere rapito dal suo entusiasmo, dal suo illustrarti procedimenti e intendimenti trascorrendo repentinamente da un lavoro all’altro.
Ma il suo estro ha sempre voluto unirsi simbioticamente a sensibilità femminili: prima l’intensa collaborazione con Susanna Marianelli (detta la Pisana), abilissima e delicata ceramista, poi quella con Patricia Toffoli, da 10 anni anche sua compagna di vita, creatrice di soggetti briosi e coloratissimi.
La sua ricerca non si limita ad abbinamenti inusuali e a materiali compatibili, ma anche alla realizzazione del “forno perfetto”. Ne ha costruiti diversi, rudimentali ma funzionanti e funzionali, che usa per sé o durante i frequentatissimi e suggestivi corsi di Raku all’aperto, corsi nei quali racconta e spiega, con una generosità ed una umiltà rare tra gli artisti, tutti i segreti del mestiere.
Mi piace pensare che nel suo laboratorio questo alchimista dei nostri tempi abbia scoperto la sua “pietra filosofale”: il piacere della condivisione.
Manuela Caretta