E’ il 1980 quando Teresa Monica Bera lascia l’Argentina per trasferirsi in Italia. Nonostante a Buenos Aires avesse già ottenuto dei successi inseguito ad alcune personali, in Italia, per vari motivi, non dipinge più.
Persona estroversa ed imprevedibile, ad un certo punto riscopre le sue inclinazioni artistiche e comincia a dipingere con l’entusiasmo di chi scopre un mondo fantastico in cui tutto è possibile. E questo entusiasmo trapela dalle sue opere.
Accostamenti surreali di soggetti e deserti metafisici non sono frutto di elucubrazioni mentali, di un percorso tortuoso compiuto nel proprio inconscio. La pittura per Monica è un gioco, un viaggio che si compie con l’animo curioso ed esaltato, con la mente pura e sgombra. Dipinge ogni opera in poco tempo, con l’impazienza di chi vuole vedere come va a finire: per questo quasi sempre usa i colori acrilici, che essiccano rapidamente.
Le opere di Monica sono enigmatiche senza essere ambigue o contorte: per fare un parallelo è come se usasse delle carte da gioco per costruirci castelli invece che per giocarci a bridge. Accosta forme e figure con fantasia, istintivamente, senza pensarci troppo, col piacere che solo l’arte può dare di essere veramente liberi di decidere, fare, disfare, aggiungere ed inserire soggetti in luoghi in cui nella realtà non potrebbero stare, di usare colori irreali, di lasciare spazi vuoti, non dipinti, fra donne velate ed orizzonti lontani.
Per l’artista è un’avventura dipingere ed anche partecipare a mostre, che però affronta con determinazione ed un po’ d’incoscienza come quando, vent’anni fa, lasciò il suo paese per un altro in cui non sapeva cosa avrebbe trovato e cosa quel paese le avrebbe offerto.