Mirella Colin
Mirella Colin è nata in una città, Pordenone, che stava crescendo ma che era ancora legata ai ritmi e ai costumi di un paese. L’artista crebbe adattandosi ad una società che evolveva, in un quartiere che , come altri, veniva a poco a poco inglobato nell’insieme più ricco e articolato della città, ma che manteneva le abitudini e le relazioni personali di un tempo.
Le opere giovanili di Mirella Colin riflettono questo mondo:vedute della campagna friulana,scorci della periferia della città,familiari e conoscenti ritratti nell’intimità delle mura domestiche. Già dalle prime opere rivela una profonda sensibilità,un acuto senso dell’osservazione ed un carattere riservato,quasi schivo.
Nei ritratti le espressioni intense ma lontane,concentrate su chissà quali pensieri,l’essenziale rappresentazione del luogo(l’angolo di un tavolo,un vaso di fiori,l’accenno di un divano o di una sedia) e il fondo monocromo,spoglio,di colore intenso(rosso,o turchese o verde) crea la sensazione che le figure siano estraniate dal contesto, che quasi non ci sia relazione tra persona e spazio,tra l’essere e il mondo.
L’artista ha voluto riflettere la solitudine sua e d’ogni uomo,che lei percepiva nonostante la sua giovane età?
Già in queste opere,sebbene sia un’autodidatta dimostra abilità pittorica,sia nell’uso del pennello che nella resa coloristica.
Affina la sua tecnica copiando le opere di Van Gogh e di altri impressionisti e la loro influenza si avverte sia nel ritratto che nel paesaggio, soggetto quest’ultimo che diventerà il più amato da Mirella.
La pennellata veloce e decisa che crea alberi vivi convulsamente aggrappati all’aria e nuvole dense e palpabili,i colori brillanti e l’assenza o quasi di figure animate rende i paesaggi irreali,fuori dal tempo. In alcuni casi sono visioni in cui un solo colore(rosso o azzurro)sembra inondare e disfare le forme. E se la figura è presente lo è come nei quadri di Friedrich: è piccola,solitaria,indistinta in contemplazione del mondo e schiacciata da esso.
A volte nei paesaggi inserisce degli animali ma che non sono che effigi, come nel dipinto in cui campeggia ieratica la testa di un gatto, come una sfinge a guardia di un paesaggio surreale, fatto della stessa materia del gatto: blu notte e oro.
In una serie di quadri sono rappresentati gruppetti di case spoglie, senza porte e finestre, disabitate, solide nella loro pulita geometria e nei netti contrasti chiaroscurali. In questi dipinti è chiaro l’influsso delle composizioni metafisiche di Sironi, anche se è presente un maggior naturalismo.
I soggetti sono per l’artista il mezzo per esternare ciò che alberga nell’anima, quando non si ha altro modo per farlo o qualcuno a cui farlo sentire.
Il quadro diventa insieme mezzo di comunicazione e interlocutore, destinatario delle proprie domande e delle proprie risposte, semmai ce ne fossero.
Mirella Colin ha ritratto persone fuori da un contesto e contesti privi di persone come se la presenza delle une escludesse quella degli altri e viceversa,come a denunciare la sostanziale solitudine dell’essere umano, il quale vive, stravolge il mondo intorno a sé, instaura relazioni più o meno profonde con gli altri per arginare una solitudine che invece lo accompagnerà tutta la vita.